Riforma dello sport sotto la lente

Il 16 febbraio, nell’autorevole cornice di ForumPiscine, si è tenuta l’attesa tavola rotonda intitolata Riforma dello sport e del lavoro sportivo: ultimo atto? Come cambia la gestione delle piscine che ha visto protagonisti Guido Martinelli, avvocato, esperto di diritto sportivo, tributario e del lavoro, nonché membro del tavolo tecnico istituito dalla sottosegretaria allo sport del precedente Governo per la revisione del Decreto legislativo in materia di lavoro sportivo (28 febbraio 2021, n. 36), Lorenzo Bolognini, avvocato, specializzato in diritto amministrativo e contratti pubblici, e Marco Sublimi nei panni del moderatore. L’incontro si è aperto con una panoramica sulla riforma dello sport proposta da Martinelli, che ha ricordato che la legge n. 86 del 2019 – i cui contenuti sono noti – contiene 6 deleghe. Il Governo ha però approvato solo cinque decreti, in attuazione di queste deleghe, lasciando scadere la prima che avrebbe consentito di disegnare il quadro ordinamentale di riferimento dello sport italiano, mancando così una legge quadro.

«Il problema – ha sottolineato Martinelli – è sapere chi fa cosa. Non c’è chiarezza, ci sono equivoci, come ad esempio la coesistenza del Registro Nazionale delle Associazioni e Società Sportive dilettantistiche del CONI e del nuovo Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche del Dipartimento per lo Sport, attivo dal 31 agosto 2022, che certifica lo status di ASD/SSD».

Sublimi ha quindi citato il decreto legislativo n. 38, che prevede, tra l’altro, anche l’affidamento diretto degli impianti sportivi, dunque senza gara, dando la parola a Lorenzo Bolognini che si è focalizzato sull’articolo 5 di questo provvedimento che potrebbe dar luogo a sviluppi interessanti: «L’articolo 5 di questa norma operativa da circa un mese – ha detto – era molto attesa dagli operatori, tanto dai privati quanto dalle amministrazioni pubbliche, in quanto attiva l’affidamento diretto dell’impianto sportivo, dando attuazione ai criteri direttivi della legge delega n. 86 del 2019. Questa norma, che non è nuova, sancisce che l’impianto può essere affidato solo ad ASD e SSD, ovvero società senza scopo di lucro. Questa operazione è effettuabile solo sugli impianti già esistenti, nell’ambito di interventi di “rigenerazione” e “riqualificazione”. Non è chiaro – ha sottolineato Bolognini – di quale tipo di riqualificazione, rigenerazione e ristrutturazione si tratti, così come che cosa s’intende per “impianto abbandonato”. Si tratta di una norma ampia e servono chiarimenti per capire che cosa ASD e SSD devono presentare. Un progetto preliminare, un piano economico-finanziario di fattibilità e una bozza di convenzione con il Comune? Il Comune affida direttamente l’impianto sportivo alla ASD o SSD per un tempo minimo di 5 anni, corrispondente all’ammortamento dell’investimento, ma in generale, conformemente alle direttive comunitarie, deve essere garantita la concorrenza. Questo principio è contrario all’affidamento diretto che avviene senza gara, dunque in assenza di concorrenza.

Emerge dunque una contraddizione tra norma eurounitaria e norma nazionale e di solito – ha sottolineato Bolognini – ha la meglio l’impianto normativo europeo. Bisogna dunque trovare un’interpretazione dell’articolo 5 che lo renda compatibile con i principi delle norme comunitarie, sapendo che la giurisprudenza dice che gli impianti sportivi, essendo rilevanti economicamente, devono rispettare il principio comunitario della concorrenza. Vedremo, dunque, se ci sarà lo spazio per attivare questa norma, se l’affidamento diretto previsto dall’articolo 5 del Decreto Legge n. 38 è applicabile. Se lo chiedono le stesse pubbliche amministrazioni. La norma è molto interessante e sarebbe applicabile se non crea tensione sul mercato. Prima o poi finirà in tribunale e la giurisprudenza darà la riposta. Stiamo vivendo un periodo storico di grande complessità e confusione normativa. Basti pensare alle tante norme emergenziali che poi sono state abrogate».

Ha quindi ripreso la parola Sublimi, ritornando al macro tema del lavoro sportivo, chiedendo a Guido Martinelli le novità al riguardo introdotte dalla riforma, che cosa bisogna fare fino al 30 giugno e che cosa cambierà a partire da quel giorno. «Oggi e fino al 30 giugno – ha chiarito Martinelli – la norma sui compensi sportivi è in vigore e sarà abrogata a partire dal prossimo 1° luglio. 37 sentenze della Cassazione hanno detto che è stata applicata male, dunque nei prossimi mesi dobbiamo cambiare atteggiamento. Fino al 1° luglio si continua ad applicare l’art. 67, ma da quella data dovremo distinguere tra lavoratore sportivo, collaboratore amministrativo-gestionale e addetto all’impianto, ovvero dovremo distinguere tra i ruoli sportivi e i ruoli non sportivi, in base al regolamento che identifica le funzioni sportive, tra le quali rientrano, ad esempio, cronometristi e addetti al salvamento. La delibera – ha precisato – non basta: i lavoratori sportivi, che hanno gestione agevolata, devono essere identificati dal regolamento. I lavoratori amministrativo-gestionali, per i quali vengono applicate alcune norme dei lavoratori sportivi, devono essere inquadrati come co.co.co. perché la norma è cambiata. Per loro non sono dunque ammessi orari fissi e vincoli direttivi in quanto non sono lavoratori subordinati. Tutti gli altri lavoratori, che non sono sportivi o amministrativo-gestionali, sono gli “addetti all’impianto” e possono essere dipendenti. La Corte costituzionale ha chiarito le parti, o il legislatore, non possano inquadrare diversamente un rapporto se questo ha i presupposti del rapporto di lavoro subordinato».

Martinelli - Sublimi - Bolognini a FP23

Martinelli ha quindi ricordato che per i compensi forfettari che non superano il tetto annuale dei 5.000 euro non cambia nulla, mentre per chi supera questa soglia, rientrando nella fascia compresa tra 5.000 e 15.000 euro, è prevista la parte previdenziale e assicurativa a scapito degli oneri fiscali. Ciò significa che le ritenute fiscali non sono previste, mentre lo sono i contributi assistenziali e previdenziali INPS e INAIL, questi ultimi calcolati sul 50% dei compensi percepiti. «I contributi assistenziali – ha sottolineato – sono la cosa più importante della riforma. Vengono introdotti cassa integrazione, indennità di malattia e infortuni, paternità, maternità e TFR, ovvero istituti che prima non erano previsti per i collaboratori sportivi degli impianti sportivi e le piscine. Al di là della soglia dei 15.000 euro, oltre ai contributi previdenziali e assistenziali sono previste anche imposte, ovvero gli oneri fiscali calcolati su 15.000 euro, dunque non un grande costo aggiuntivo rispetto a prima».

Martinelli ha quindi messo sul tavolo quelli che ha definito i “tre grandi problemi”, il primo dei quali è l’IRAP, che fino a oggi non era mai stata pagata, ma che ora i co.co.co. devono pagare, «Si sta lavorando per toglierla – ha detto –, si spera che questo onere venga eliminato». Il secondo problema risiede nel fatto che con la riforma i lavoratori dei centri sportivi e delle piscine sono lavoratori e, come tali, richiedono tutti gli adempimenti previsti dal rapporto di lavoro, come quelli legati alla sicurezza e il medico del lavoro, per citarne due. «Si spera – ha detto – di evitare il medico del lavoro per gli atleti».

Il terzo problema consiste nel fatto che non essendo possibile tipizzare il lavoro sportivo, bisogna chiarire che tipo di collaborazione è in atto: co.co.co? Occasionale? Fino a 18 ore sono previste le agevolazioni del lavoro sportivo e trattandosi di lavoro sono previsti gli adempimenti, tra i quali figura, ad esempio, la busta paga. Si sta lavorando per gestire questi adempimenti del lavoro senza il consulente del lavoro». Per rendere ulteriormente concreta la sua riflessione, Martinelli ha fatto un esempio: «Si pensi al duplice ruolo svolto, in un centro sportivo, da un segretario che al pomeriggio lavora come istruttore. Possono coesistere i due contratti sportivi, utilizzando per entrambi le agevolazioni previste? La risposta è “sì”. Si pensi, invece. a un istruttore che durante l’inverno lavora in una piscina e durante la stagione estiva in un resort. In questo caso servono 2 inquadramenti lavorativi: quello sportivo si addice al lavoro svolto in piscina, ma non a quello svolto nel resort poiché in tale struttura non sussiste attività sportiva».

A questo punto Martinelli ha posto un’altra domanda: nell’ambito del lavoro tecnico, svolto entro il tetto delle 18 ore settimanali, la questione “subordinazione” deve preoccupare? «Il lavoro – ha puntualizzato – può essere subordinato anche sotto la soglia delle 18 ore settimanali. Le 18 ore servono solo a invertire l’onere della prova: sotto le 18 ore è a carico del gestore del centro sportivo, ovvero del datore di lavoro, sopra questa soglia è a carico dell’Ispettorato del lavoro». Ha quindi ripreso la parola Lorenzo Bolognini che è tornato sul decreto legislativo n. 38 del 28 febbraio 2021: «Questo decreto – ha detto – mi piace perché finalmente c’è un testo unico con tutte le norme specifiche per l’affidamento dell’impianto. L’articolo 7 è una norma importante e facile da attuare: sancisce che se la gestione dell’impianto sportivo pubblico è affidata a società o associazione sportiva dilettantistica, ente di promozione sportiva, disciplina sportiva associata o federazione sportiva nazionale, alla fornitura di acqua vengono applicate le tariffe per l’uso pubblico e non quelle per l’uso commerciale, con un evidente vantaggio economico. L’articolo 4, applicabile agli impianti sportivi, pur lasciando alcuni dubbi, è una riproposizione della legge n. 147 del 2013, ossia la legge degli stadi, che dà tantissime opportunità di fare cose che altrimenti rimarrebbero sulla carta. Per la ristrutturazione e riqualificazione dell’impianto, prevede che la gara sia strutturata con il meccanismo del project financing e concede interessanti possibilità di esenzioni, tra le quali si spera possa rientrare quella dell’IMU. La procedura, meno complessa, riduce i costi per la preparazione della documentazione, che comprende un progetto preliminare accompagnato da un piano di fattibilità economico finanziaria». Il microfono è di nuovo passato a Guido Martinelli che ha sollevato il problema dei due registri per le ASD e SSD: il RAS, Registro Nazionale delle Attività Sportive Dilettantistiche che sostituisce il vecchio Registro CONI, tutt’ora esistente.

«Il Decreto legge n. 39, in vigore, sancisce che il RAS sostituisce il Registro CONI e conferisce il diritto allo status di ASD ed SSD che, in quanto regolarmente iscritte, possono beneficiare dell’applicazione delle agevolazioni applicate al lavoro sportivo. Chi era iscritto al Registro CONI – ha ricordato – è già automaticamente iscritto al RAS, che è già operativo e colloquia con l’organo affiliante. Il problema, dunque, sussiste solo per chi non era iscritto al Registro CONI. La domanda sorge spontanea: visto che il RAS dà il titolo di ASD e SSD e che chi era iscritto al preesistente Registro CONI è già automaticamente iscritto, perché quest’ultimo continua a esistere? Bisogna chiederlo al CONI. Il RAS – ha concluso Martinelli – è di competenza del Dipartimento per lo Sport, ma è tenuto da Sport e Salute che formalmente approva il regolamento del Registro».

Ha chiuso l’incontro Lorenzo Bolognini, che in merito all’emergenza caro bolletta, ha menzionato le linee-guida, realizzate con l’ANCI, Associazione Nazionale Comuni Italiani, durante la fase più acuta della Pandemia, per il riequilibrio economico-finanziario tra i Comuni e i gestori delle piscine pubbliche: «C’è l’esigenza di trovare strumenti per affrontare l’impennata dei costi dell’energia e si potrebbero replicare le linee-guida, inaugurando una “fase 2” della loro applicazione. Questo strumento, rivelatosi efficace, potrebbe essere utilizzato per un nuovo scopo. Attualmente stiamo lavorando con gli ANCI regionali dell’Emilia Romagna e del Veneto che diffonderanno questo strumento tra i comuni associati. Si tratta – ha chiarito – di linee-guida che spiegano, sia ai privati, sia alle amministrazioni pubbliche, come utilizzare strumenti normativi esistenti». Ritornando alla questione, sempre attuale, della ricontrattazione del rapporto di partenariato tra gestori e comuni proprietari degli impianti, Bolognini ha concluso ricordando che legge attribuisce al NARS - Regolazione servizi di pubblica utilità una specifica competenza per la valutazione preventiva delle soluzioni di riequilibrio economico-finanziario riferite a contratti di PPP (Partenariato Pubblico Privato), chiarendo che le amministrazioni comunali hanno l’obbligo di sedersi al tavolo per la ricontrattazione, ma per legge non sono tenute a ricontrattare.

«Spesso – ha concluso – non sanno da che parte incominciare e lo strumento linee-guida favorisce la loro volontà a discutere la ricontrattazione».

Platea di ascoltatori della sessione sulla riforma dello sport