Regolamentare uno stabilimento balneare

Così come i contesti privati, anche il pubblico ha uno specifico codice regolamentare che va analizzato e rispettato al momento della progettazione - e dell’apertura al pubblico - di una piscina destinata a più utenti.

Com’è prevedibile, assistiamo a una distinzione di caso in caso: per alcune tipologie di utilizzo sono valide le norme regionali, per altre vanno messe in atto quelle nazionali.

A chiarire bene come classificare, e di conseguenza a quali norme sottoporre, i diversi tipi di piscina ci ha pensato Rossana Prola, che in un suo interessante articolo ha ben spiegato come discriminare l’uno o l’altro specifico caso.

Sotto l’aspetto igienico-sanitario, ci spiega Prola attraverso un interessante articolo:

“la disposizione più importante è l’accordo tra il Ministero della salute e le Regioni sugli aspetti igienico-sanitari per la costruzione, la manutenzione e la vigilanza delle piscine a uso natatorio, pubblicato esattamente vent’anni fa, nel 2003”

Secondo questo accordo le piscine sarebbero suddivise nelle seguenti categorie: piscine di proprietà pubblica o privata; piscine destinate esclusivamente agli abitanti del condominio e ai loro ospiti; piscine a usi speciali collocate all’interno di una struttura di cura, di riabilitazione o termale.

La prima di queste categorie, leggiamo nell’accordo tra il Ministero della salute e le Regioni, è a sua volta suddivisa in:

  • A1) piscine pubbliche (quali per esempio le piscine comunali);
  • A2) piscine a uso collettivo: sono quelle inserite in strutture già adibite, in via principale, ad altre attività ricettive (alberghi, camping, complessi ricettivi e simili) nonché quelle al servizio di collettività, palestre o simili, accessibili ai soli ospiti, clienti, soci della struttura stessa;
  • A3) gli impianti finalizzati al gioco acquatico.

Fatta questa distinzione occorre servirci ancora di Prola nel chiarire un concetto fondamentale per l’interpretazione dell’accordo: in base all’utilizzo della piscina cambierebbe anche la sua collocazione nell’una o nell’altra categoria, infatti

“quando una piscina costruita come categoria A2 viene messa a disposizione di un pubblico indifferenziato, essa diventa di categoria A1 e di conseguenza i requisiti diventano nazionali e più stringenti, a partire dalla necessità della presenza del bagnino di salvataggio”.

Alla base dovrebbe esserci dunque il tipo di prestazione offerta: per cosa e per quale clientela è riservato l’utilizzo di quella particolare piscina? Se esiste il “filtro” della struttura - i clienti pagano l’ingresso della struttura e tra i servizi compresi vi è la piscina - allora siamo ancora all’interno della categoria A2.

In caso sia previsto un biglietto specifico per l’ingresso in piscina parliamo di categoria A1. L’attenzione per i dettagli in casi come questi è fondamentale per il rispetto delle buone pratiche e per restare in linea con quanto richiesto dalle specifiche normative.

La raccomandazione è pertanto quella di affidarsi a un professionista esperto sin dai primi step della progettazione.