Novità dal Decreto Siccità approvato dal Governo. La realizzazione di una vasca necessaria alla raccolta dell'acqua piovana diventa infatti un intervento di edilizia libera che, in determinate circostanze, potrà essere eseguito senza comunicazione o autorizzazione edilizia.
A prevederlo è l'articolo 6, che include "le vasche di raccolta di acque meteoriche per uso agricolo fino a un volume massimo di 50 metri cubi di acqua per ogni ettaro di terreno coltivato nell'attività edilizia libera".
Una decisione che si pone, come obiettivo, la semplificazione delle iniziative utili a contrastare, appunto, la scarsità idrica, favorendo il recupero delle acque meteoriche a favore di un settore - quello agricolo - tra i più impattanti, in termini di consumo idrico, in Italia.

Agricoltura e allevamento: consumi idrici alle stelle
Secondo i dati diffusi dal WWF in occasione della Giornata dell'Acqua 2023, infatti, “il consumo di acqua è sostanzialmente ripartito tra il settore agricolo, che assorbe circa il 60% dell’intera domanda di acqua del Paese, seguito dal settore industriale ed energetico con il 25% e dagli usi civili per il 15%". Per intenderci, infatti, il riempimento e rabbocco di una piscina - come previsto dalle norme - consuma solo lo 0,5% dell'acqua, molto meno, dunque, rispetto al settore produttivo e persine a quello domestico o individuale.
Ogni italiano, infatti, utilizza in media 130-140 l di acqua al giorno, con punte di 250-300 l quotidiani. Di questi, solo il 3,5% della risorsa è destinato all’uso alimentare mentreil rimanente 96,5% è destinato all’igiene. Ma la parte del leone la fanno comunque agricoltura e industria.
"L’agricoltura è il settore economico più assetato d’Italia con l’85% dell’impronta idrica della produzione, comprendendo l’uso di acqua per la produzione di colture destinate all’alimentazione umana e al mangime per il bestiame (75%), e per pascolo e allevamento (10%). È evidente quindi che l’attenzione principale nella gestione dell’acqua deve essere posta sul settore agricolo (…). Il modello agricolo biologico in caso di eventi climatici estremi si dimostra essere il più efficace e resiliente”, continua il WWF.
Guardando ai numeri che riguardano il nostro Paese, tra i consumi indiretti il 90% dell’impronta idrica è legato al cibo: si stima che individualmente la popolazione consumi una media di 5.000 litri di acqua al giorno (quantità superiore - per intenderci - a quella che beviamo). Tra tutti gli alimenti, la carne è il prodotto più idrovoro poiché va anche considerata l’alimentazione del bestiame.
“Un hamburger di manzo da 150 g consuma in media oltre 2.300 litri di acqua mentre un hamburger di soia sempre da 150 g consuma in media circa 14 volte meno acqua - elenca il WWF -. Altri prodotti di origine animale in ordine di impatto sono il formaggio (5.253 litri per kg di prodotto), le uova (2.562 litri per kg), il latte (1.000 litri di acqua), mentre 1 litro di latte di soia consuma in media circa 3 volte meno acqua (297 litri). Per produrre 1 kg di verdura occorrono, in media, 336 litri di acqua, mentre per produrre la stessa quantità di frutta ne sono necessari in media 748. Un consumo di acqua maggiore è richiesto per produrre i legumi (4.165 litri), mentre patate e tuberi sono fra gli alimenti con la minore impronta idrica in assoluto (287 litri). Una birra da 250 ml consuma 74 litri di acqua e una pizza margherita (725 grammi) consuma 1.260 litri di acqua. La pizza margherita prodotta con grano, passata di pomodoro e mozzarella in Italia ha un’impronta idrica media di 940 litri/kg. Un chilo di pane consuma 902 litri, 1 kg di pasta 1.509 litri e 1 kg di riso 1.597 litri. 1 kg di cioccolato consuma circa 24.000 litri”.
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